In una manciata di anni il vecchio “mondo virtuale”, ovvero il web con i suoi spazi informativi e di scambio primitivo, si è trasformato in uno spazio sociale, una vera e propria costola del mondo reale all’interno del quale le persone si muovono e agiscono con dinamismo e assiduità.
Questa trasformazione pone tutti di fronte a nuove sfide e soprattutto a ovvie responsabilità. Le sfide riguardano la necessità non solo di usufruire di contenuti di qualità ma anche di offrirne, occupando uno spazio immateriale di per sé già complesso da gestire, le responsabilità invece riguardano il proprio, personalissimo ruolo all’interno della catena relazionale.
Attualmente si evidenzia una differenza tra i cosiddetti nativi digitali e i non nativi, ovvero coloro che sono approdati al web in un secondo momento e che hanno fatto esperienza di una quotidianità non informatizzata. Benché nuove e vecchie generazioni siano esposte in modo differente alle fake news (i maggiori diffusori sono gli over 65) c’è da dire che paradossalmente i più vulnerabili a una cattiva informazione sono i “Digitarians”, la cosiddetta generazione Z che, nonostante una elevatissima capacità di fruizione informativa e un approccio “crossmediale” capace cioè di spaziare tra più fonti, trascorre molto tempo on-line e orienta la propria informazione attraverso i social network e i motori di ricerca, entrambi programmati per fornire suggerimenti e risposte in base alla profilazione: personale, territoriale e di consumo.
Per molti anni è stata idea comune che i nativi digitali sarebbero stati immuni o più impermeabili alle fake news ma con il tempo è emersa la verità: essi hanno soltanto una migliore capacità di impiegare canali e strumenti multimediali ma sono esposti a un flusso di notizie martellanti su cui costruiscono le proprie convinzioni.
Imparare a verificare, controllare i fatti e usare il giudizio critico deve diventare una parte centrale del processo educativo, solo così i membri di questa e di ogni altra generazione futura potranno essere realmente immuni dalle molte notizie spazzatura circolanti.
Non è un caso che la Finlandia abbia deciso di formalizzare l’insegnamento di queste abilità invece di presumere che i bambini siano in qualche modo “nati pronti” e questo approccio sembra funzionare decisamente bene.
Insomma, nel lasso temporale necessario a colmare un preoccupante vuoto normativo relativo alle fake news e alla misinformation in generale, a quanto pare cultura e formazione saranno, come spesso accade, l’unica vera arma che garantirà l’utilizzo ottimale di un ambiente sempre più reale, oltre che vitale.