A 18 anni non si è troppo giovani per migliorare il mondo!
Questo è il mantra di Jacopo Rangone, Matteo Mainetti, Emanuele Sacco e Pietro Cappellini, ideatori di PC4U.tech, iniziativa no-profit che si occupa di raccogliere e ridistribuire dispositivi tecnologici usati e\o da ricondizionare, destinati agli studenti meno fortunati dell’hinterland milanese, li abbiamo intervistati.
1. Come è nato il progetto?
L’idea è nata il giorno del mio compleanno, racconta Jacopo, poco dopo la fine del primo lockdown. Ho coinvolto Matteo, amico da sempre, nonché l’unico, tra le mie conoscenze, con un motorino, utile a consegnare i dispositivi rigenerati. Il passo successivo è stato contattare Emanuele, appassionato di programmazione ed infine lui ha coinvolto Pietro, molto bravo nella progettazione grafica.
2. Non si vedono spesso ragazzi così giovani mettersi in gioco, cosa caratterizza la vostra squadra?
Il nostro progetto funziona perché abbiamo punti di vista differenti ma sappiamo che, lavorando insieme, possiamo raggiungere gli obiettivi prefissati.
Veniamo da scuole diverse e rappresentiamo sicuramente un gruppo molto eterogeneo, ma ci sentiamo tutte le settimane e, in occasione di eventi, intensifichiamo i nostri incontri.
3. Cosa vuol dire per voi aggiustare un oggetto?
Vuol dire dargli nuova vita. Ogni dispositivo è diverso ed è utilizzato da persone diverse e quando sembra che non sia più utile può esserlo, in realtà, per qualcun altro. Per noi sono molto importanti i concetti di economia circolare e sostenibilità, il nostro obiettivo è che nulla venga sprecato. È, quindi, un’emozione prendere oggetti che per alcuni vengono considerati ormai rifiuti e donarli a persone che, invece, ne hanno bisogno.
4. Cosa pensate della didattica a distanza?
La Dad è arrivata all’improvviso e ha costretto tutti a fare un passo in avanti importante perché non eravamo pronti a questo sistema. Per noi che avevamo la possibilità di connetterci non è stato traumatico ma quando abbiamo pensato che c’erano ragazzi senza computer, senza tablet che dovevano seguire, abbiamo capito la fortuna che avevamo e che dovevamo fare qualcosa per aiutarli. Non avere dei device è come andare a scuola e non avere i soldi per comprare i libri: l’istruzione non può chiudersi in se stessa ma deve essere sempre accessibile a tutti.
5. Che emozioni avete provato quando il Presidente Mattarella vi ha premiati?
Lo abbiamo scoperto mentre eravamo in treno per andare a registrare una puntata televisiva. All’improvviso ci sono arrivati diversi messaggi di amici che si congratulavano con noi ma, non essendo stati avvisati, non capivamo bene che cosa fosse successo. Poi la notizia è stata chiara, avevamo ricevuto un riconoscimento “per l’impegno e le azioni coraggiose e solidali”.
L’emozione è stata grande ma ciò che più conta è il messaggio di questa “testimonianza” che premia l’impegno dei giovani, cosa che in Italia non sempre viene riconosciuta.
6. Come immaginate il futuro?
C’è sempre una componente di incertezza che fa sì che ci si spaventi un po’. Però, allo stesso tempo la pandemia ci ha insegnato che anche nei momenti di difficoltà ci sono persone che si rimboccano le maniche e fanno cose straordinarie. Crediamo ci sia un forte vento del cambiamento che dà speranza per un mondo migliore.
Siamo molto contenti di aver conosciuto la realtà della social entrepreneurship e siamo convinti che sia importante costruire le proprie carriere non pensando solo al profitto personale ma donando anche agli altri, per costruire così un mondo migliore per tutti.