Vittorio Gattari, classe 1992, di Lecco, Consigliere di Presidenza del Consiglio Nazionale per i Giovani, è stato eletto rappresentante nel Consiglio consultivo per la gioventù del Consiglio d’Europa, lo abbiamo intervistato.
- Cos’è e di cosa si occupa il Consiglio consultivo per la gioventù del Consiglio d’Europa (Advisory Council on Youth)?
È il partner non governativo del Consiglio d’Europa, composto da 30 rappresentanti di ONG e reti giovanili in Europa, il suo compito principale è consigliare il Comitato dei Ministri su tutte le questioni relative ai giovani. In particolare, contribuisce a garantire che le politiche giovanili siano integrate nel programma di attività del Consiglio d’Europa fornendo pareri e proposte a tutti gli organi dell’Organizzazione.
Assicura, inoltre, che i giovani siano coinvolti nelle attività del Consiglio e promuove le politiche al di fuori dell’Organizzazione.
- Presidente Nazionale di ESN, Consigliere di Presidenza nel CNG, ora questo, quando è iniziato il tuo percorso nell’attivismo civico?
Ho iniziato, come tutti, dal locale, per poi affacciarmi a realtà nazionali e internazionali. Ho sempre creduto nell’impegno politico dei giovani, nell’associazionismo, nella società civile; infatti, come diceva qualcuno più saggio di me: “se non ti occupi di politica, sarà la politica ad occuparsi di te”.
Noi giovani, quindi, non solo dobbiamo partecipare, ma dobbiamo intervenire attivamente nelle dinamiche che ci vedono protagonisti.
- Che contributo pensi di dare all’interno del CoY?
La mia esperienza in ESN mi ha avvicinato ai temi della mobilità internazionale, dell’Erasmus e ai vari programmi connessi e spero di portare il mio background nel CoY. Ancora non sono state decise le cariche ma, ho deciso di candidarmi ed occuparmi anche di altri due ambiti: l’educazione non formale e il dialogo interculturale del Mediterraneo.
- Con il Covid la mobilità internazionale ha subito un forte colpo d’arresto, che ne pensi?
Il Covid ha dimostrato sicuramente l’importanza della tecnologia, sono sicuro, infatti, che continueremo a fare molte video call perché così si semplifica la partecipazione; allo stesso modo, però, non tutto può essere fatto “in digitale”. Si è sperimentato anche l’Erasmus online, ma è un tipo di esperienza che deve essere fatta di persona: andare all’estero vuol dire approcciarsi ad un mondo nuovo, ad un’altra lingua, ad un modo di studiare diverso. La più grande soft skills dell’Erasmus è sperimentare la “capacità di arrangiarsi”.
- Educazione non formale, è arrivato il momento di “istituzionalizzare” la figura dello Youth Worker?
L’Italia è più indietro rispetto ad altri paesi. Da molto tempo si chiede di qualificare la figura dello Youth Worker, un grande lavoro è stato fatto dal Consiglio d’Europa, ma per garantire questa figura lavorativa, va organizzato ora un endorsement con gli stati membri.