Politiche Giovanili

Tutti bravi genitori (con i figli degli altri): un saggio per orientarsi nel mondo degli adolescenti

Tutti i genitori credono di conoscere i propri figli e di sapere non solo cosa è meglio per loro ma anche qual è il miglior modo per educarli. Ma è davvero così? Ne abbiamo parlato con Mirko Pagani, esperto di pedagogia dei media e dell’adolescenza e autore, insieme ai colleghi Matteo Locatelli e Giuseppe Ciccomascolo, del saggio Tutti bravi genitori (con i figli degli altri), recentemente pubblicato (anche in versione eBook) dal Centro Leonardo Education. I tre sono anche co-autori del canale You-Tube “Uscita di Emergenza”, dove affrontano argomenti sensibili per i giovani, come bullismo, scuola e sessualità.

Negli anni ’90 i miei, intuendo vagamente (e disapprovando un po’ più che vagamente) l’attrazione che provavo per la fantascienza e l’horror, mi spedivano a dormire poco prima della messa in onda di The X-Files. Apparentemente rispettavo la loro regola e andavo a letto («Non sono storie adatte a una bambina!»), salvo poi godermi la puntata seduta nel corridoio: io vedevo lo schermo, i miei non vedevano me. Quando questa tecnica non funzionava, per smaltire la frustrazione li costringevo ad affittare la stessa cassetta consumata da Blockbuster de Il Corvo, con Brandon Lee. Visto da loro, per causa mia, così tante volte che credo abbiano ancora la nausea al pensiero. Un po’ come i pre-adolescenti di oggi ed i loro genitori alle prese con il dilemma Squid Game: vietarlo, per via dei contenuti violenti, sapendo che potranno comunque trovare il modo di guardare sullo smartphone o a casa di un amico?

Per il 45enne Pagani, docente all’Università degli Studi dell’Insubria e project manager di iBicocca – realtà nata nell’omonimo ateneo milanese per incentivare lo sviluppo delle competenze legate a innovazione e imprenditorialità – “l’adolescenza è sperimentazione e gusto del proibito, è provare a superare il limite. Dall’altro lato ci deve essere il genitore. Il conflitto, infatti, è una cosa positiva se viene elaborato e vissuto. Oggi, rispetto al passato, il modello familiare è basato sull’affettività: ti dico di no ma spiegandoti la motivazione. Solo così riesco a creare un dialogo e a veicolare il messaggio educativo in maniera efficace. Se un bambino vede un contenuto come Squid Game il problema non è di Netflix, il problema è del genitore. Il punto, infatti, non è farlo o non farlo vedere, è far capire, eventualmente, alcune cose legate a quel prodotto che potrebbero turbare o stimolare domande. Anche perché ditemi una sola volta in cui il proibizionismo abbia davvero funzionato”.