Terminata l’emergenza Covid -19 il mercato del lavoro italiano appare ancora fragile come afferma l’Istituto Nazionale per l’Analisi delle Politiche Pubbliche (INAPP) che nei giorni scorsi ha presentato l’annuale rapporto: Lavoro e formazione: l’Italia di fronte alle sfide del futuro”, un lavoro utile per cogliere le tendenze evolutive degli scenari economici e sociali, analizzare i problemi e riorganizzare l’architettura sociale in risposta alle nuove esigenze. Il volume si articola in 6 capitoli che partono da un’attenta analisi del mercato del lavoro, alle trasformazioni in atto ponendo l’attenzione sulla necessità dell’acquisizione di competenze non solo professionali, ma che riguardano anche la formazione e le dinamiche della popolazione immigrata. Nel rapporto 2022, riaffiorano i problemi endemici del nostro mercato del lavoro ancora intrappolato nella precarietà e con basse retribuzioni salariali. Lo scoppio della crisi sanitaria all’inizio del 2020 ha reso necessaria la sospensione o la riduzione di numerose attività lavorative e ha incrementato le risorse finanziarie pubbliche destinate a rafforzare misure d’intervento (integrazioni salariali per ridurre l’impatto della sospensione e/o diminuzione delle ore di lavoro, indennità di disoccupazione anche per i lavoratori atipici e autonomi). Occorre oggi superare le politiche di intervento e assistenza di breve periodo e attivare politiche che si prefiggono l’obiettivo della piena occupazione con un duplice obiettivo di lungo periodo: migliorare i tassi di partecipazione e l’occupabilità e contestualmente potenziare i servizi per l’impiego. In questo scenario previsionale è necessario il rafforzamento di un sistema di orientamento al lavoro che dovrà essere sempre più integrato con il mondo dell’istruzione secondaria e universitaria per i giovani garantendo le opportunità anche per adulti e categorie fragili, lavorando sul quadro previsionale dei fabbisogni futuri. La trappola della precarietà del nostro mercato del lavoro riguarda soprattutto i lavoratori a tempo determinato legati a un part time involontario di cui solo il 30% si trasforma in un contratto a tempo indeterminato, questo produce un turn-over di forza lavoro che non consente di investire in formazione e competenze, di conseguenza la difficoltà di investire in innovazione per le imprese anche in chiave di sostenibilità ambientale. La richiesta di competenze specifiche è legata alla struttura produttiva presente nelle singole aree territoriali, un processo che non può essere superato dal sistema formativo scolastico, che chiaramente, non lavora sul fabbisogno specifico di ciascuna impresa. La centralità per il superamento del miss-match delle competenze è rivolta alla formazione professionale attraverso un percorso continuo di acquisizione delle competenze fondamentali legate alle soft skills. Come superare questo divario? Secondo l’INAPP bisogna potenziare territorialmente gli osservatori del mercato del lavoro per comprendere ed evidenziare le richieste del mondo produttivo e rafforzare i percorsi di formazione/istruzione professionali, denominati ITS Academy. Prioritaria, dunque, sarà l’attenzione dedicata alla formazione e l’inserimento dei giovani, mediante i quali si potrà avviare un circolo virtuoso di sviluppo, crescita e nuove opportunità di qualità. Un altro aspetto da non sottovalutare nella programmazione di nuove politiche pubbliche è legato all’invecchiamento della popolazione. Secondo le previsioni i prossimi 30 anni saranno caratterizzati da un progressivo invecchiamento della popolazione, che interesserà in maniera rilevante l’ Italia, e in misura più ridotta, anche quella straniera. I flussi migratori sono contrassegnati da profonda incertezza e governati da una parte, da normative suscettibili di modifiche, dall’altra da fattori socio-economici interni ed esterni al Paese e da eventi catastrofici, conflitti e carestie, che non possiamo più considerare eccezionali, come purtroppo il conflitto tra Russia e Ucraina. Per garantire una crescente quota di residenti bisogna attuare un sistema di protezione sociale che non sia solo di sostegno, ma di promozione e che sia capace di rispondere ad un principio di uguaglianza sostanziale. Il rapporto dunque mette in evidenza dei nodi cruciali e strutturali ancora non risolti, legati soprattutto ad una scarsa programmazione di politiche economiche che devono essere complementari tra di loro (politiche sociali, industriali, di sviluppo e del lavoro). Tutto questo evidenzia, inoltre, la necessità di riformare il welfare italiano che sia in grado di adattarsi rispetto a ciò di cui la società necessita e di rispondere alle nuove sfide del mercato del lavoro, che richiedono soluzioni efficaci ma anche innovative, in grado di garantire un effettivo pluralismo di offerta in cui, accanto allo Stato e al privato, agiscano anche famiglie e organizzazioni non profit, che non devono essere utilizzate come sostitutive, ma come alternative per il cittadino. La sfida, però, non è solo economica, ma anche culturale. Il periodo di crisi che stiamo vivendo lo renderà sempre più evidente.