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ESC: annual event nel giorno internazionale del volontariato

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Il Commissario dell’AIG: “E’ importante educare al dono per far crescere cittadini più consapevoli”

Giovani, intraprendenti e motivati; sono più di 200 i ragazzi che oggi si sono riuniti a Roma in occasione dell’annual event del Corpo Europeo di Solidarietà (programma di finanziamento dell’Unione europea che offre ai giovani l’opportunità di fare volontariato, lavorare, seguire formazioni e gestire i propri progetti di solidarietà a vantaggio della collettività in tutta Europa) per confrontarsi, condividere esperienze ed attività sul tema del volontariato.

E la data non è un caso. Il 5 dicembre è proprio la giornata internazionale del volontariato, un momento importante, istituito nel 1985 dalle Nazioni Unite per riconoscere il notevole lavoro di coloro che spendono il proprio tempo per gli altri.

Tra i relatori, anche il Commissario Straordinario dell’Agenzia italiana per la gioventù, Federica Celestini Campanari, con la quale abbiamo scambiato quattro chiacchiere.

“Siamo molto felici di aver organizzato questo annual event in questa giornata, dove tanti giovani si sono riuniti per dialogare e confrontarsi su progetti importanti come quelli di volontariato e solidarietà e che ci restituiscono anche il valore di quello che facciamo in termini di promozione della partecipazione, della cittadinanza attiva, del protagonismo giovanile. Noi italiani abbiamo un po’ il volontariato nel sangue, lo vediamo soprattutto nei momenti difficili, per esempio in pandemia, quando i giovani volontari sono stati in prima linea per aiutare chi aveva più bisogno. Ho un ricordo nitido di tanti giovani volontari anche durante il terremoto dell’Aquila. Nei momenti di difficoltà, insomma, quando c’è bisogno di aiuto noi esprimiamo le doti migliori che abbiamo e lo facciamo anche quotidianamente nei contesti locali più difficili e complessi”.

Anche la cronaca degli ultimi tempi ci racconta che nelle situazioni complicate, effettivamente, i ragazzi, sono sempre presenti impegnandosi in prima persona.

“Mi è sempre successo di vedere giovani disposti ad aiutare gli altri. Si parla spesso di una generazione scoraggiata, disillusa, demotivata, ma in realtà quello che ho visto negli anni, nel mondo delle organizzazioni giovanili e delle politiche per la gioventù, è la grande voglia che hanno i ragazzi e le ragazze di poter contribuire, di essere protagonisti e soprattutto di poter aiutare in quei contesti in cui ci sono maggiori difficoltà. Siamo tornati, per esempio, da pochi giorni da Lampedusa, abbiamo fatto un’esperienza bellissima, ho conosciuto tanti giovani che vivono una condizione complicata data da minori opportunità geografiche. Siamo venuti in contatto con ragazzi che non sono mai entrati in un cinema, mai in una libreria ed abbiamo toccato con mano quanto sia importante il lavoro fatto dai volontari con loro, proprio per provare a restituire quel senso di comunità necessario e per ricordargli che non sono soli, ma fanno parte, come tutti gli altri, della nostra bellissima Italia”.

Secondo lei il volontariato è qualcosa di puramente innato o ci può essere un’ “educazione al dono”?

“E’ chiaro che c’è una predisposizione d’animo nella volontà di aiutare il prossimo e la comunità che ci circonda, quindi senza dubbio parliamo di una sensibilità, per certi versi, innata. D’altra parte, però, ritengo  si possano educare i giovani, esercitando questa “sensibilità” in maniera più profonda e più significativa. Si possono fare, per esempio, dei percorsi nelle scuole e, fin dalla più tenera età, insegnare quanto sia importante mettersi a disposizione degli altri, impegnarsi per il bene comune e uno sviluppo più armonioso. Questo ci consentirà di avere dei cittadini maggiormente protagonisti e più consapevoli dell’importanza del proprio ruolo”.

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