Pochi giorni fa, a Palazzo Madama, c’è stato il sì definitivo alla riforma che consentirà ai ragazzi tra i 18 e i 25 anni di eleggere anche i senatori e non più solo i deputati alla Camera. Si stima che siano circa 4 milioni i giovani elettori che adesso potranno votare anche per il Senato.
Il nuovo testo dell’art. 58 della Costituzione sarà ora così composto: “I senatori sono eletti a suffragio universale e diretto dagli elettori. Sono eleggibili a senatori gli elettori che hanno compiuto il quarantesimo anno”. Vengono così eliminate le previsioni del primo comma che prevedevano che solo chi ha superato il venticinquesimo anno di età poteva votare i senatori.
Si dovranno però attendere tre mesi prima della promulgazione per lasciare spazio all’eventualità di un referendum confermativo. Per la riforma della Costituzione, infatti, come prevede l’art. 138 Cost., sono necessarie 4 letture e la loro approvazione in maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera nella seconda votazione; cosa che non è avvenuta in quanto la riforma non ha ottenuto la maggioranza richiesta nell’ultimo passaggio alla Camera del 9 giugno scorso.
Questa modifica porta equità nel nostro sistema istituzionale e dà sicuramente maggior peso alle giovani generazioni. Si tratta di un passo avanti ma in un sistema che prevede il bicameralismo perfetto è giusto prevedere che i senatori debbano avere almeno 40 anni o sarà questo il prossimo obiettivo per eliminare definitivamente le asimmetrie negli esiti elettorali nei confronti dei giovani?